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ossessione cap 1

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"Hai visto dove sono le mie scarpe?"
"Perchè? Devi uscire ancora?"
" Sì! E smettile di essere così assillante, non mi fai respirare con le tue domande! Se devo uscire esco, non ti devo dare spiegazioni!"
" Ma veramente non ti ho chiesto alcuna spiegazione..."
" E basta! " Fece una grave pausa Giacomo, poi riprese: " Non ce la faccio più, così mi soffochi". Poi uscì di casa, senza nemmeno salutare sua moglie Giada, che ormai disperata dalla situazione non osava più ribellarsi a suo marito, divenuto da qualche tempo irriconoscibile.
Si domandava lei dove avesse sbagliato, cercava di seguire il nesso logico di quei deliranti colloqui con il marito, ma ormai da tempo ne aveva perso il senso e lentamente cominciava a perdere il dolore, entrando inevitabilmente in uno stato di apatia involontaria. Lo amava, sì, lo aveva scelto nonostante tutto e tutti, lo aveva scelto per quello che era, perchè lui non aveva nulla e lo aveva scelto per amarlo senza la minima corruzione che deriva dall'essere parte della società. Lo aveva scelto, ma non voleva vedere che da quel giorno Giacomo era diverso. "Perchè dice che lo assillo? Non è forse lecito per una moglie preoccuparsi? Se non lo so io dove si trova, chi lo dovrebbe sapere? E se succedesse qualche cosa? Io non so nemmeno quando dovrebbe tornare... Non so cosa sta facendo, non me lo racconta e si arrabbia quando glielo domando... Perchè si arrabbia? Lui sa sempre dove sono io e cosa faccio, anzi per me è un piacere condividere queste cose... Io non ho niente da nascondere... Già..." E Giada scoppiò a piangere prima di avere la forza di continuare in questo suo flusso di coscienza, perchè ormai era ovvio che suo marito aveva qualcosa da nascondere.
Pianse a lungo, soffocando il dolore nelle sigarette e nei programmi spazzatura che si ostinava a guardare come osessionata dal pensiero che la sua fosse ormai una vita indegna e irrecuperabile. Non si guardava nemmeno più intorno, le sembrava che le pareti di casa fossero diventate brutte, le sembrava che il suo sguardo non avesse la volotà di spingersi fino ad osservarle; il disordine si moltiplicava dietro a una pigrizia alimentata da troppa solitudine e depressione. Il telefono squillava, ma non era mai Giacomo a chiamare, quindi lei non rispondeva, come vinta da un'angoscia ingiusta, ma vera.
Giacomo invece si sentì subito un senso di leggerezza, ma davvero passarono pochi secondi prima di essere attanagliato dai rimorsi e dai sensi di colpa; lui si sentiva vittima e carnefice allo stesso momento, non riusciva a risalire al principio di quella situazione, ma ogni volta che ci provava, dava la spiegazione più logica e meno dolorsa: ovvero che fosse tutta colpa di Giada se le cose stavano andado così. Ogni volta sentiva quel brivido di averla fatta franca di nuovo, quel momentaneo senso di onnipotenza che deriva dall'essere riuscito a ingannare qualcuno per l'ennesima volta, quasi ci credeva lui stesso alle bugie che diceva, quasi si sentiva soffocare realmente da quella giovane creatura che era sua moglie, ma non per le domande che ella le faceva, si sentiva soffocare perchè lei nella sua geniunità non poteva immaginare quali ossessioni accompagnassero l'animo di Giacomo.
"Pronto, sono Giacomo", "Ciao Già, come stai?", "Sto in crisi amico, ho bisogno di un favore...lo sai.." "Va bene vieni, io ci sono."
Fu questa la prima cosa che fece Giacomo appena uscito di casa, nemmeno il tempo di salire in macchina aveva telefonato al suo amico. Lo faceva già da un po', la stessa telefonata quasi identica, alla sua cerchia di conoscenti che potevano dargli quello che stava ossessivamente cercando, ripetute finchè non trovava una risposta positiva. Alle parole del suo amico si sentì impaziente e allo stesso tempo sollevato, lo stesso stato d'animo che si prova quando si supera un dolore radicato nel profondo da molto tempo e finalmente sciolto in una soluzione. Ancora prima di arrivare, però, i pensieri lo avevano ormai sormontato, il suo tragitto si era trasformato in una tempesta di mare incotrollabile. La conosceva la strada, ma continuava a sbagliare come se le onde della mente fossero reali e capaci di muoverlo caoticamente. Non poteva sopportarlo, era impossibile mettere ordine a quel momento, nemmeno Giacomo era capace di cogliere la disperazione che stava provando, eppura la stava provando esattamente lì, in quella macchina, verso quella direzione. Poi si disse "Tra un po' starò meglio". Non lo poteva ammettere di essere lui stesso la causa di quell'inferno, non lo voleva accettare che quella telefonata fosse il principio di quei pensieri e lo scopo verso cui si strava precipando, era esattamente ciò da cui stava fuggendo. Un pericoloso circolo vizioso, difficile da controllare.
Quando uscì dalla casa dell'amico, stava decisamente meglio. I suoi pensieri erano tutti positivi, il mondo sembrava fatto apposta per rispondere alle sue esigenze e non c'era niente che potesse procurargli fastidio, nessun problema esisteva più, adesso finalemente era tutto pace. Sorrideva al pensiero di tornare a casa, di riabbracciare sua moglie, non vedeva l'ora di chiederle scusa per la precedente lite, poi le comprò un regalo, per farsi perdonare di essere stato fuori così a lungo senza chiamarla. Conosceva benissimo il resto delle bugie che le avrebbe raccontato, conosceva lei e quali funzionavano meglio per lei, ma non c'era senso di copla adesso, adesso sarebbe stato tutto perfetto, almeno per un po'. Si chiese se era meglio chiamarla per testare il terreno, ma poi decise che era inutile perchè lo conosceva troppo bene ormai quel "terreno".
Quando entrò in casa la trovò seduta nel letto, al buio, stava fumando e aveva l'aria di non aver fatto altro per tutto il tempo. Era bellissima, ma il suo volto era stanco, era bellissima ma qualcosa di troppo brutto ormai le si era annidato dentro e si vedeva. Giacomo cominciò a vacillare dal suo ottimisto di fronte a quella vista, ma non voleva farsi scoraggiare. Prese coraggio e la guardò negli occhi. Amava quegli occhi che parlano, un tempo gli avevano raccontato il più bello degli amori mai provati, ma adesso li odiava, perchè quegli occhi avevano più ragione di ogni altra cosa e lui capiva tutto in un piccolo istante, era duro il peso della verità. Per un attimo si affacciò in lui l'ombra della sua osessione, ma era deciso a combatterla. "Lo so che sei arrabbiata" cominciò a parlare Giacomo, "hai ragione ad esserlo. Scusami se ti ho trattato male prima, sei la mia principessa." Giada lo guardava ancora con gli stessi occhi, ma dentro era felice di rivederlo. Aveva sentito quelle bugie tante altre volte, ma era bello riaverlo a casa. Lei non ci credeva più e lui lo sapeva, ma era l'unico modo per andare avanti, quelle bugie erano l'unica cosa bella della giornata e facevano il loro dovere. "Sei stato via molto... sono sette ore e mi stavo preoccupando." disse Giada con un filo di voce, anche lei mentiva perchè avrebbe voluto dire tutt'altre cose, ma in fondo le sue parole non erano bugie. Bugie erano le sue lacrime che nascondevano quei pensieri che non aveva più la forza di esprimere. Giacomo l'abbracciò. Stettero così, in silenzio per qualche minuto. Ognuno parlava in quel silenzio, erano momenti onesti. "Scusami, avrei dovuto chiamarti, ma avevo il telefono scarico... Ho incontrato un vecchio amico che non vedevo da vent'anni e ci siamo persi a chiacchierare, non ho realizzato che fosse così tardi... Ti ho preso dei cioccolatini per farmi perdonare."
Altre volte Giada aveva affrontato quelle scuse e aveva preteso la verità, ma questa volta si era rassegnata, avrebbe imparato a convincersi che fosse vero. Perchè pretendere la verità ormai era un gioco per Giacomo, avrebbe mentito fino ad arrabbiarsi ancora e avrebbe vinto con il silenzio. "Mi perdoni?" "Ti perdono sempre io, ma non merito di essere trattata così" rispose Giada con la voce spezzata e le lacrime stanche, gli occhi erano vuoti adesso e i pensieri lontani; non si riconosceva in quella situazione, ma non sapeva affrontarla. Le tornò in mente il ricordo di come era prima di sposarsi, non avrebbe mai permesso a nessuno di trattarla così, mai. Raccolse l'ombra di se stessa e abbracciò il marito, senza amore. Lo abbracciò con risentimento, con angoscia e delusione, sperando che lui non sentisse.
Si addormentarono così, stretti l'uno all'altra. I loro pensieri, però, non potevano essere più distanti. Lei pensava a come lasciarlo, a cosa dirgli, come dirglielo, in quale luogo sarebbe stato meglio farlo, pensava a cosa sarebbe successo dopo, pensava a come trovare il coraggio per farlo. Lui invece pensava al giorno dopo, era domenica e non doveva andare al lavoro, pensava a come riuscire ad andare dal suo amico senza far insospettire Giada, pensava a tutte le bugie che gli sarebbero servite per poter avere ancora quello che doveva avere tutti i giorni, più volte al giorno.
Alle nove di domenica mattina Giacomo era già pronto per uscire di casa, cercava di fare piano, ma Giada si svegliò. Lo vedeva che stava per uscire di nascosto e provò una grandissima rabbia dentro, non ci voleva credere. Giacomo però era molto furbo "Buon giorno principessa, volevo andare a prenderti la colazione prima che ti svegliassi...ti amo",le disse, poi uscì senza accompagnare quelle parole nemmeno con un bacio. Lei sentì un pugno allo stomaco, non si sentiva affatto una principessa adesso. Quasi avrebbe urlato dalla disperazione, ma sprofondò nel letto prima di svegliarsi del tutto, perchè almeno dormendo avrebbe risparmiato angoscia.
Giacomo fece le sue telefonate e poi partì per placare le sue osessioni. "Devo fare presto, maledizione! Odio la domenica, perchè Giada mi tiene sempre sotto controllo."
Passò un'ora e Giacomo era ancora dal suo amico, decise di chiamare Giada prima che lei si insospettisse e rovinasse la giornata, di nuovo. "Ciao, amore.. Sono qui al bar, mi sono fermato a leggere il giornale per questo sto tardando. Come la vuoi la pasta?" "Ehi, ciao. Mi hai svegliato..." "Ah, scusa, allora continua a dormire, te la prendo alla nocciola perchè so che ti piace". Poi chiuse rapidamente la telefonata, se sua moglie dormiva avrebbe avuto meno seccature. Così decise che si sarebbe organizzato per la giornata senza dover uscire misteriosamente di casa, avrebbe dedicato il pomeriggio a Giada e sarebbe andato tutto bene. "Mirko me ne servono un paio per oggi pomeriggio e una per stasera.." "E dove le trovo adesso? Quando hai chiamato avevi detto il solito! Ci vorranno un paio d'ore se vuoi che te le procuri. Poi lo sai a quest'ora non gira nessuno..." "Sì lo so, stai calmo."
Ci vollero più di un paio d'ore, quando Giacomo tornò a casa con la coalzione, ormai erano passate le due del pomeriggio. Lei non aveva chiamato, era contento da un lato, ma dall'altro sapeva che la stava perdendo e questo gli faceva male. Entrò e la trovò ancora a letto. Avrebbe voluto sentirsi in colpa per averla lasciata sola tutta la mattina, per averle tolto la voglia di vivere con le sue bugie, ma trovandola così addormentata si sentì felice perchè se non aveva chiamato era perchè stava domendo. Lei si svegliò subito, aveva il sonno molto leggero. Guardò il cellulare e vide l'ora. Vide che Giacomo non l'aveva cercata, quindi si preparò alla maestria del marito nell'inventare. Perchè in realtà si meravigliava di quanto fosse abile e naturale nel mentire tutte le volte, lei non era tanto convincente nemmeno quando raccontava la verità.
"Sei stato via fino adesso?" Istintivamente Giacomo provò rabbia per quella domanda. Non capiva il motivo, ma quelle parole gli sembrarono ingiuste, cattive. "Sì, sono stato via! Vedo che ti sei preoccupata molto, non mi hai nemmeno mandato un messaggio". Lo sapeva di fare un gioco doppiamente crudele, ma non riusciva a sopportare il peso della colpa e quindi la colpa adesso doveva dove trasferirsi alla moglie. "Non ti ho cercato? Ma se solo ieri mi hai detto che ti assillo con le mie domande? Che ti soffoco! Secondo te io adesso mi sogno di telefonarti per chiedere dove sei?". Giacomo si sentiva come se avesse sbagliato mossa, perchè le parole della moglie erano di nuovo giuste, di nuovo lo facevano sentire in colpa e diventava improvvisamente tutto insopportabile. Sentiva la tempesta di pensieri avviciarsi, i sensi di colpa, la vergogna, la paura, il dolore, il fallimento; avrebbe voluto morire in quel momento, davvero. Per un attimo si fece silenzioso, poi piangendo disse alla moglie "Io non so dove ho sbagliato con te, ma sento che non mi ami. Ho fatto tutto quello che potevo. Adesso se mi permetti ho bisogno di andare in bagno"

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